Omaggio a Vittorio Storaro
In principio fu la luce. Cominciamo dall’etimo, dalla forma più antica a cui si può risalire nella storia della parola Fotografia: dal Greco, come sempre. Il Fotografo è colui che scrive, racconta con le luci. Photòs (luce) Gràphos (segno Scritto). In Vittorio Storaro c’è da aggiungere la parola Kine perché c’è il movimento. Quindi la definizione esatta è quella americana Cinematographer. In Italiano potremmo dire Fotografo Cinematografico o Cinefotografo. Ma per rafforzare ancora il senso autorale, possiamo senz’altro dire che l’accezione più calzante per Vittorio Storaro è: Autore della fotografia cinematografica.
Come Josef Svoboda (1920-2002), architetto alchimista della luce e dello spazio, maestro di meraviglie scenografiche e una delle figure che hanno contribuito a cambiare l'idea stessa di rappresentazione nella seconda metà del secolo scorso aprendo i suoi interessi ai linguaggi multimediali polyvisionarietà e cineteatrali,
Vittorio Storaro ha portato significativi contributi concettuali ed operativi nell’area della scrittura della luce, in particolare nella produzione cinematografica, ma anche in quella televisiva e teatrale.
Tre premi Oscar nel 1980 -’82-‘88 rispettivamente per “Apocalypse Now” di Francis Ford Coppola “Reds” di Warren Beatty e “L’ultimo Imperatore” di Bernardo Bertolucci con il quale ha firmato altri capolavori, da “L’ultimo Tango a Parigi” a “Novecento” al “Te nel Deserto”.
Gran Premio per la tecnica a Cannes nel 1998 con 'Tango' di Carlos Saura.
E vorrei ricordare nella vasta filmografia, il teatrale “Orlando furioso” del '69 per la regia di Luca Ronconi che girato in 16mm (Storaro indica la data di inizio nel '72 ) verrà proiettato (ridotto in due episodi il 2° e il 5°) al cinema nel '74 e trasmesso per intero in televisione in 6 parti nel '75, e il recente “Caravaggio” (2007) trasmesso in tv in due parti, per la regia di Angelo Longoni, ancora una sfida sulla dicotomia luce/ombra (potremmo dire: una fissazione estetica di Storaro!).
I film che hanno segnato le tappe del suo percorso di ricerca sono (secondo quanto scritto da Storaro) "LA LUNA" (del 1978), diretto da Bernardo Bertolucci, dove approfondisce gli studi sulla SIMBOLOGIA DEL COLORE,
"REDS" che si pone come punto cruciale nell’innovazione dello Sguardo del Film dall'interno, cioè dalla parte dei suoi protagonisti con la rappresentazione grafica di una pianta per visualizzare la vita del personaggio principale,
e "Un sogno lungo un giorno" –uscito nel 1981, quindi dopo “Apocalypse now” che già aveva straordinariamente fotografato quell’immortale personaggio del colonnello Kurtz proveniente dalle pagine di Cuore di Tenebra diJoseph Conrad.
“Lo studio sulla fisiologia dei colori – asserisce Storaro - mi ha permesso di capire qual è la reazione fisica che noi abbiamo di fronte ad un colore. Quando diciamo colore ci riferiamo ad una parte visibile della luce, una parte di energia che vibra su una certa lunghezza d'onda; questa energia, come questa luce, mi tocca o non mi tocca a secondo di come la posiziono, di come la filtro, di come lei si esprime”. (1)
Nel 1983, in "Arlecchino" (prod.ne RAI) diretto da Giuliano Montaldo, Storaro affronta il "Cinema Elettronico". Il duello IMMAGINE OTTICA - IMMAGINE ELETTRONICA, e l'utilizzazione delle due immagini ad unisono divenne per lui un fatto fondamentale fonte di una nuova passione.
Durante la realizzazione del lungometraggio "Ladyhawke" (sempre del l’83) diretto da Richard Donner, Storaro sentì che le sue ideazioni Cinematografiche non si potevano più limitare a un solo fatto luministico, ma si dovevano integrare maggiormente nella Scenografia e nel Costume.
I Color Filter Degradè divennero uno strumento di pittura e l'uso della Console a Controllo Dimmer uno strumento di scrittura nel rappresentare il cammino della Luce.
Quel cammino, che viene raccontato in tre pubblicazioni edite dalla elegante casa editrice Electa, riunite sotto tema ricorrente “ Scrivere con la luce” e cioè: La luce, I Colori e Gli Elementi, dove l'autore raccoglie le sue riflessioni sulla cinematografia, sulla sua esperienza e sul suo lavoro.
Anche la sua recente esposizione fotografica iniziata nel 2004 a Verona e passata poi in Spagna, Svizzera, Grecia e nel 2006 per la Fondazione Bandera a Busto Arsizio, è una summa di "Scrivere con la luce", doppie impressioni fra fotografia e cinematografia.
La mostra riveste un duplice interesse: tecnico e narrativo. Il passaggio dall’immagine in movimento, che caratterizza la cinematografia, all’immagine fissa. Una selezione di 115 immagini realizzate con impressioni fotografiche sovrapposte tratte dai più celebri lavori di Storaro, con la riproduzione fotografica di quarantuno dipinti che hanno costituito fonte d’ispirazione per l’artista: da Caravaggio a Bacon, da Carpaccio a Botticelli.
Nella prima sezione della mostra viene analizzato il tema della luce, attraverso il rapporto tra ombra, penombra, luce artificiale e naturale, magistralmente ripresi nelle immagini di "Apocalypse now, Giovinezza giovinezza, Novecento" e altri celebri capolavori cinematografici del maestro.
Nella seconda sezione, l’attenzione è focalizzata sul tema dei colori, caratterizzanti le diverse fasi della vita. Il nero come colore del concepimento, il rosso come colore della nascita, il giallo come colore della coscienza etc.
La terza sezione analizza l’equilibrio tra i vari elementi naturali della vita attorno a cui ruota il rapporto tra terra, acqua, aria, fuoco, inconscio/cosciente
“Penso – dichiara Storaro - che questo tipo di immagini abbiano una correlazione con la pittura molto forte. Ecco perché le foto della mostra le ho volute mettere su un cavalletto, in modo che possano essere viste una per una, nel contesto di un film della mia vita”.
Sono queste le parole più appropriate di chi ha segnato la storia del Cinema, di chi oggi è qui a raccontarcela, come... Un sogno lungo un giorno.
Massimo Puliani
Laudatio in occasione del premio Svoboda a Macerata, Accademico Honoris Causa.
24/02/2007
1) http://www.electaweb.com/electa/ita/etc_libri/21-421-1.jsp
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